7 maggio 1824 – 7 maggio 2024
Duecento anni fa, presso il famoso Theater am Kärntnertor di Vienna, la storia della musica veniva sconvolta dalla creazione estrema del genio di Beethoven. La sua Nona Sinfonia passerà alla storia semplicemente come la Nona. Un gigante sonoro che per alcuni anni rimase quasi nascosto ma che, complice anche la lungimiranza del genio Wagner, si posizionerà stabilmente al vertice delle composizioni sinfoniche più amate e studiate di sempre.
In Italia, la creazione beethoveniana arriverà solamente il 18 aprile 1878, presso la Società del Quartetto di Milano. Diretta dal veronese Franco Faccio, l’esecuzione diede occasione al critico musicale Filippo Filippi, wagneriano italico della prima ora, di scrivere approfonditi articoli e recensioni sulle pagine de La Perseveranza. I documenti sono tutti disponibili nel catalogo della nostra Biblioteca Digitale Wagneriana.
Tra le numerose e acutissime osservazioni, Filippi non dimentica di evidenziare le modifiche apportate da Wagner all’orchestrazione del capolavoro del maestro di Bonn per l’esecuzione di Dresda del 1846 cercando di prendere le difese del Meister tacciato di arroganza, profanazione e audacia da gran parte della critica. Ma non solo, un punto interessante, tratto dalla lunga recensione pubblicata su La Perseveranza del 23 aprile 1878, riguarda i maestri italiani al cospetto della Nona.
Eccolo il Filippi, nel rammentare le sue visite parigine al grande vecchio Rossini!
I nostri grandi compositori italiani, i più celebri per la vena melodica, lo saccheggiarono, Bellini, ch'era un genio modesto e sincero, non si vergognava di confessarlo. E pure il colossale Rossini. Io posso parlarne con cognizione di causa: in due successive dimore a Parigi, visitavo Rossini, tutte le mattine, nel suo appartamento della Chaussée d' Antin, e quel suo arguto, amabile conversare sarà sempre uno dei più cari ricordi delia mia vita. Rossini, nell'intimità, era espansivo, sincero; colla sua testa Olimpica denudata, e il parrucchino sopra un piuolo, egli non aveva né mordaci ironie, né burlevoli adulazioni. A proposito della sterminata ricchezza melodica del Beethoven, vero serbatoio per gli altri, mi sovvengo perfettamente che l'autore del Barbiere mi disse un giorno: «Caro Pippo, là dentro abbiamo pescato tutti quanti».
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