top of page

Maggio 1883: Wagner a Roma

Immagine del redattore: Andrea CamparsiAndrea Camparsi

Aggiornamento: 29 apr 2024

Incomprensioni e speranze




Asmodeo: monitore settimanale dei teatri, 16 maggio 1883.

“Asmodeo: monitore settimanale dei teatri”, giornale milanese che dal 1872 al 1889 ospitò interessanti notizie wagneriane provenienti da tutta Italia, portando nel titolo il nome di un diavolo zoppo incastrato in una bottiglia, sorta di genio della lampada pronto a rilasciare recensioni taglienti e giudizi tra il severo e l’umoristico della vita teatrale dello Stivale. 

Questo articolo scritto il 9 maggio e pubblicato il 16 dello stesso mese del 1883 riporta le notizie romane della prima esecuzione in lingua tedesca del Ring al Teatro Apollo (abbattuto nel 1888). La compagnia itinerante di Angelo Neumann era giunta con il suo treno fino alla capitale e Alfredo (questo il nome del corrispondente) riporta le impressioni vissute dal pubblico romano al cospetto del capolavoro wagneriano, in scena dal 28 aprile 1883 con il Rheingold.

Interessante, per il lettore di oggi, è notare come all’epoca fossero ancora comuni i duelli d’onore. Duello solo sfiorato e immaginato dal giornalista che spiega che una lettera dell’articolo non corretta dal proto (il capo operaio tipografico che distribuisce le copie modello per procedere alla stampa) fece diventare i romani di provincia accorsi in città per le nozze dei reali Principi Tommaso di Savoia e Isabella di Baviera-Wittelsbach erotici al posto di esotici.


Un’introduzione colorita per poi passare d’emblée alla descrizione della messa in scena wagneriana accolta con una certa freddezza dai romani, che credevano di trovarsi di fronte a un nuovo Lohengrin (la prima romana risaliva al 3 gennaio 1878 al Teatro Apollo) e invece dovettero assistere a uno spettacolo privo di canto e tutto declamazione. “A questa innovazione si ribella il sentimento musicale italiano”, chiosa polemicamente il recensore.

Alfredo presenta una certa dose di speranza: “verrà il tempo” in cui anche gli italiani sapranno apprezzare Wagner che, secondo il giornalista, non va valutato per la melodia assente (evidentemente la melodia infinita wagneriana era un concetto assai lontano dalle orecchie italiche di fine ottocento, avvezze alle arie cantabili del melodramma) ma per la strumentazione “meccanica” ma perfetta e complessa, in quanto, potremmo concludere, “tedesca” piuttosto che “latina”, algida piuttosto che ardente.


“Nei Nibelunghi, Wagner non musica il dramma, lo istrumentalizza”, tanto che, continua Alfredo, il canto è talmente monotono che si potrebbe sopprimere. Quindi è ben più apprezzabile la direzione di Anton Seidl piuttosto che il canto declamato di attori-cantanti, che si arrampicano sulle note per condurre un’azione che non viene affatto colta dal corrispondente. Solo i pezzi strumentali sembrano attirare la sua attenzione a riprova che, nel 1883, anno della morte di Wagner, l’Italia di fine secolo non era ancora pronta a voltare pagina. 

Divertente notare come il Marchese Francesco Flores d’Arcais, eminente critico che rivedremo nei nostri articoli della BWD, si addormentò durante tutto il primo atto di Valchiria; particolare che il nostro giornalista non poteva di certo lasciarsi fuggire per mettere alla berlina uno dei critici musicali più in voga in quegli anni.

Alfredo non si dilunga sui cantanti, invitando i milanesi a recarsi loro stessi a teatro per seguire lo spettacolo che, dopo Roma e Torino, avrebbe dovuto raggiungere la “capitale morale”, ovvero Milano, così definita dal napoletano Ruggero Bonghi, giornalista del quotidiano “La Perseveranza”  nel 1881, in occasione dell’Esposizione Nazionale Industriale ospitata proprio dalla città meneghina. Centro economico e industriale della giovanissima Italia unita, Milano era quindi moralmente ritenuta capitale d’Italia. 


Che questo Alfredo non fosse proprio un critico musicale competente  e di ampie vedute, lo si evince da come maltratta la grande Hedwig Reicher-Kindermann, definita “troppo wagneriana”, adatta alle sale tedesche e straziante per le orecchie del Bel Paese. Ricordiamo che la grande bavarese morirà di lì a pochi a mesi, a giungo, a Trieste dopo avervi cantato per l’ultima volta la parte di Brünnhilde, suo cavallo di battaglia.

Il critico non appoggia neppure i tagli del direttore Seidl applicati ai cosiddetti (impropriamente) “recitativi” troppo lunghi per l’uditorio romano, impedendo quindi un giudizio completo e trasparente del lavoro wagneriano. Si ricorda che il pubblico era quasi tutto tedesco e rigorosamente immobile. E comunque, conclude Alfredo, al Costanzi furoreggia Trovatore e Tamagno. La pira verdiana vinceva ancora nettamente su quella ben più articolata e impegnativa della valchiria.

I tempi di Wagner in Italia, soprattutto nella capitale, non erano ancora maturi.


Andrea Camparsi

Scarica l'articolo dalla nostra Biblioteca Wagneriana Digitale!



 
 
 

Comments


Associazione La Voce Wagneriana

Via San Francesco Saverio 1

83100 Avellino (AV)

Contatti

  • Facebook
  • Instagram
  • Youtube
bottom of page